Il tema del reshoring – ovvero il ritorno in patria di attività produttive precedentemente delocalizzate – è tornato con forza al centro dell’agenda economica europea a seguito della pandemia e delle recenti crisi geopolitiche.
Il blocco delle filiere internazionali, l’aumento dei costi logistici, la vulnerabilità in settori strategici (microchip, farmaceutica, energia) e la volontà di rafforzare l’autonomia industriale dell’Unione Europea hanno spinto governi ad adottare politiche di incentivazione al rientro con l’immediato effetto di indurre le aziende a ripensare le proprie scelte di localizzazione, valutando il rientro produttivo, bilanciando costi e benefici.
In questo scenario, la finanza agevolata rappresenta una leva chiave per attrarre investimenti manifatturieri e tecnologici verso l’Italia. Negli ultimi anni sono stati introdotti o potenziati strumenti per sostenere concretamente il rientro produttivo.
L’obiettivo non è solo “riportare a casa” gli impianti, ma generare valore aggiunto in termini di occupazione, know-how, innovazione e sostenibilità.
Il quadro normativo: dai Contratti di Sviluppo ai bandi regionali
Tra le misure più importanti oggi disponibili per favorire il reshoring vi sono:
- Contratti di Sviluppo (Invitalia) – Il principale incentivo nazionale per investimenti produttivi di grande dimensione. Finanzia programmi d’impresa strategici e innovativi (tipicamente oltre 20 milioni di euro, soglia ridotta a 7,5 milioni per il settore agroindustriale) attraverso contributi a fondo perduto e finanziamenti agevolati. Di recente sono stati introdotti criteri premianti per progetti che riportano in Italia linee produttive considerate strategiche (reshoring).
- Accordi per l’Innovazione – Incentivi dedicati a progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale di rilevanza nazionale, spesso in partenariato con centri di ricerca. Si rivolgono a imprese con iniziative di R&S di ampia portata (durata fino a 36 mesi e spese ammissibili almeno 5 milioni di euro) finalizzate a realizzare nuovi prodotti, processi o servizi innovativi. Le agevolazioni combinano contributi diretti alla spesa (fino al 50% dei costi ammissibili per la parte di ricerca) ed eventualmente finanziamenti agevolati. La procedura negoziale tra Ministero, azienda ed enti locali co-finanziatori permette di adattare il sostegno alle esigenze specifiche, favorendo anche reshoring tecnologici (es. rientro di centri R&S specializzati).
- Incentivo fiscale per il reshoring – Introdotto di recente, prevede un’agevolazione tributaria per le imprese che riportano in Italia attività economiche da Paesi extra-UE. I redditi generati dalle attività d’impresa rimpatriate non concorrono a formare la base imponibile ai fini IRES (o IRPEF) e IRAP per il 50% nel periodo d’imposta del trasferimento e nei cinque successivi (estesi a dieci periodi per le grandi imprese). Questa detassazione del 50% per sei anni rappresenta un forte incentivo fiscale al rimpatrio produttivo, purché l’attività non fosse già esercitata in Italia nei due anni precedenti e rimanga nel territorio nazionale per almeno dieci anni.
- Zone Economiche Speciali e Zone Logistiche Semplificate (ZES/ZLS) – Aree geografiche delimitate (in prevalenza nel Mezzogiorno e in alcune zone portuali) dove le imprese insediate godono di vantaggi peculiari. In particolare, sono previsti crediti d’imposta sugli investimenti fino a 100 milioni di euro e significative semplificazioni amministrative per l’avvio e la gestione delle attività. Questi benefici mirano ad attrarre nuovi insediamenti produttivi (anche dall’estero) nelle aree meno sviluppate e a favorire il rientro di aziende italiane.
- Bandi regionali (fondi FESR) – Molte Regioni, nei Programmi 2021–2027 cofinanziati dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, hanno attivato bandi per sostenere il rientro di produzioni delocalizzate. Ad esempio, la Regione Veneto incentiva espressamente il ritorno di attività manifatturiere precedentemente delocalizzate, offrendo contributi a fondo perduto alle imprese che investono sul territorio. In generale, i bandi regionali mirano a rendere più conveniente investire in nuovi impianti in Italia piuttosto che mantenere le attività all’estero, con intensità di aiuto variabili in base alla zona e alla dimensione aziendale.
A chi si rivolge il reshoring incentivato
Dal punto di vista operativo, noto che gli incentivi al reshoring risultano particolarmente efficaci per imprese che:
- hanno delocalizzato parte della produzione (soprattutto verso Paesi extra-UE) in passato e stanno valutando di rientrare;
- puntano a riportare in Italia funzioni ad alto valore aggiunto – ad esempio linee produttive tecnologicamente avanzate, centri di R&S, produzioni strategiche;
- hanno maturato esperienza internazionale, ma vogliono ridurre la dipendenza da filiere estere complesse riportando in house segmenti critici della supply chain per migliorarne controllo e resilienza;
- presentano progetti coerenti con la transizione ecologica e digitale, ossia investimenti che introducono tecnologie “verdi” e digitali in linea con il Green Deal europeo e i programmi industriali nazionali.
In generale, sono premiati i progetti di rientro che comportano investimenti in nuove tecnologie, creazione di posti di lavoro qualificati, valorizzazione del know-how nazionale e miglioramenti nella sostenibilità ambientale (es. processi a basse emissioni, economia circolare, impianti intelligenti).
Più il piano di reshoring punta su innovazione e qualità, maggiori saranno le chance di ottenere supporto pubblico.
Il business plan per la rilocalizzazione
Uno snodo cruciale è la preparazione di un solido business plan a supporto della domanda di agevolazione.
Il piano di rilocalizzazione deve evidenziare con chiarezza:
- la convenienza economico-industriale del rientro (sostenibilità produttiva in Italia rispetto all’estero);
- il vantaggio competitivo apportato dal ritorno (miglioramenti in qualità, innovazione, servizio, flessibilità, ecc.);
- l’impatto occupazionale e territoriale (posti di lavoro creati e ricadute sull’indotto locale);
- la sostenibilità finanziaria e ambientale del nuovo assetto produttivo nel medio-lungo periodo;
- l’allineamento con le politiche pubbliche di settore (es. obiettivi del Green Deal, Transizione 4.0, autonomia strategica europea).
È fondamentale allegare alla richiesta tutta la documentazione di supporto: prove della precedente delocalizzazione (dati produttivi esteri, localizzazioni, comunicazioni ufficiali) e analisi che quantifichino gli impatti attesi del rientro.
Inoltre è consigliabile prevedere fin da subito un sistema di monitoraggio e rendicontazione dei costi e dei risultati, così da dimostrare puntualmente l’uso corretto dei fondi e facilitare l’erogazione dei contributi.
Le criticità da affrontare
Nonostante i nuovi incentivi, il reshoring presenta ancora diverse criticità pratiche da considerare:
- costi del lavoro e fiscali elevati – Il costo di lavoro e tasse in Italia rimane superiore a quello di molti paesi esteri e gli incentivi finanziari possono solo in parte compensare questo divario nei margini;
- infrastrutture e logistica – In alcune aree del Paese le carenze infrastrutturali (trasporti, energia, digitale) possono frenare il reinsediamento produttivo, soprattutto per aziende abituate a contesti più efficienti;
- burocrazia e tempi autorizzativi – Iter autorizzativi complessi e lenti (permessi ambientali, urbanistici, di sicurezza) possono ritardare l’avvio di nuovi impianti, incidendo sui costi e sull’efficacia degli incentivi;
- reperimento di competenze – La delocalizzazione prolungata ha ridotto la presenza di maestranze specializzate in alcuni territori. Un’azienda che rientra deve spesso investire in formazione o ricerca di personale qualificato, integrando questo aspetto nel piano industriale.
Su questi fronti la finanza agevolata riesce a migliorare la sostenibilità del progetto, mitigando i problemi strutturali sopra citati. Per un reshoring di successo, gli incentivi vanno affiancati da interventi su formazione, infrastrutture e semplificazioni, in un approccio coordinato tra istituzioni centrali e locali che crei un ecosistema davvero favorevole al rientro.
Conclusioni
Il reshoring, se ben guidato, rappresenta un’enorme opportunità per rigenerare il tessuto manifatturiero italiano, innovare le filiere produttive e aumentare la resilienza industriale del Paese.
Le misure di finanza agevolata disponibili devono essere interpretate come strumenti abilitanti, da utilizzare in sinergia con le politiche per la formazione, le infrastrutture e l’innovazione. Non basta ottenere un contributo: bisogna trasformarlo in innovazione reale, valore duraturo e nuova occupazione qualificata. Lungo questo percorso, competenze, sostenibilità e tecnologia devono procedere di pari passo affinché il rientro produca benefici concreti e duraturi.
Le imprese che sapranno coniugare visione strategica, attenzione alla sostenibilità e rigorosa gestione finanziaria saranno le protagoniste di una nuova stagione di rinascita industriale in Italia.
Il successo del reshoring passa proprio da questo approccio integrato e metodico: solo così gli incentivi pubblici potranno diventare il volano di una crescita competitiva e sostenibile, proiettando il Made in Italy verso il futuro.
