La Cassazione civile, sezione lav., 28 agosto 2013, n. 19810 ha stabilito che il combinato disposto dell’art. 416, terzo comma, e dell’art. 437, secondo comma, cod. proc. civ., deve essere interpretato nel senso che nel rito del lavoro, l’omessa indicazione nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, ovvero nella memoria difensiva del convenuto, dei documenti, nonché il loro mancato deposito unitamente a detti atti, anche se in questi espressamente indicati, determinano la decadenza dal diritto alla produzione dei documenti stessi, con impossibilità della sua reviviscenza in un successivo grado di giudizio, evidenziandosi, però, che, in materia, deve comunque tenersi conto del potere istruttorio d’ufficio del giudice, onde la suddetta preclusione (riguardante sia le prove costituende che quelle precostituite) può essere superata solo nel caso in cui il giudice del rito del lavoro, sulla base di un potere discrezionale, non valutabile in sede di legittimità, ritenga tali mezzi di prova, non indicati dalle parti tempestivamente, comunque ammissibili perché rilevanti ed indispensabili ai fini della decisione nel giudizio di secondo grado.
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Processo del lavoro: sulle prove non allegate decide il giudice
10 Settembre 2013 in Notizie FiscaliFonte: Fisco e Tasse
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