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Nota variazione: la correzione degli errori di fatturazione

9 Novembre 2021 in Notizie Fiscali

L’emissione di una nota di variazione per correggere in diminuzione l’IVA, ai sensi dell’art 26 del DPR 633/72, è lo strumento principale e generale per rimediare agli errori compiuti in sede di fatturazione.
Questa è la sintesi della Risposta a interpello n 762 del 4 novembre 2021

L'istante chiede un parere in merito alla possibilità di procedere ad una variazione in diminuzione ai sensi dell'articolo 26, commi 2 e 3, del DPR 26 ottobre 1972, n. 633 in relazione a fatture emesse nel 2019. 

Nell'ipotesi in cui l'agenzia ritenga che non possa essere operata variazione in diminuzione per tali fatture, si chiede se sia possibile presentare un'istanza di rimborso IVA ai sensi dell'articolo 30-ter, comma 1, del DPR n. 633.

Le Entrate con la risposta a interpello n 762 ricordano che l'articolo 26, comma 3, del decreto IVA, nell'estendere la possibilità di emettere le note di variazione in diminuzione di cui al precedente comma 2 ai casi di accordo tra le parti, nonché di indicazione in fattura di corrispettivi o relative imposte in misura superiore a quella reale, ne limita tuttavia la portata temporale: «[…] 2. Se un'operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l'ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili, […] il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell'articolo 19 l'imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell'articolo 25. 3. La disposizione di cui al comma 2 non può essere applicata dopo il decorso di un anno dall'effettuazione dell'operazione imponibile qualora gli eventi ivi indicati si verifichino in dipendenza di sopravvenuto accordo fra le parti e può essere applicata, entro lo stesso termine, anche in caso di rettifica di inesattezze della fatturazione che abbiano dato luogo all'applicazione dell'articolo 21, comma 7. [a mente del quale «Se il cedente o prestatore emette fattura per operazioni inesistenti, ovvero se indica nella fattura i corrispettivi delle operazioni o le imposte relative in misura superiore a quella reale, l'imposta è dovuta per l'intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura.», ndr.]».

L'articolo 30-ter disciplina il rimborso dell'imposta eventualmente non dovuta, prevedendo che: «1. Il soggetto passivo presenta la domanda di restituzione dell'imposta non dovuta, a pena di decadenza, entro il termine di due anni dalla data del versamento della medesima ovvero, se successivo, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione. 

Con diversi documenti di prassi e risposte a specifiche istanze dei contribuenti l'agenzia ha già chiarito che:

a) l'emissione di note di variazione ex articolo 26 del decreto IVA è lo strumento principale (e generale) per porre rimedio agli errori compiuti in sede di fatturazione; 

b) nell'impossibilità oggettiva di emettere tempestivamente le note, può farsi ricorso all'articolo 30-ter del medesimo decreto: «Né, peraltro, è possibile il ricorso all'istituto disciplinato dall'articolo 30-ter del decreto IVA che, essendo norma residuale ed eccezionale, trova applicazione ogni qual volta sussistano condizioni oggettive che non consentono di esperire il rimedio di ordine generale (nel caso di specie l'emissione di una nota di variazione in diminuzione). Il suddetto istituto, infatti, non può essere utilizzato ordinariamente per ovviare alla scadenza del termine di decadenza per l'esercizio del diritto alla detrazione, qualora tale termine sia decorso per "colpevole" inerzia del soggetto passivo.» 

Fermo quanto sopra, l'agenzia specifica che, in continuità con la linea interpretativa dei giudici di legittimità, il diritto al rimborso deve comunque essere riconosciuto, nel rispetto del principio di neutralità dell'imposta, laddove vi sia stato un errore a fronte del quale «il rischio di perdita del gettito fiscale può ritenersi insussistente», circostanza che ricorre, ad esempio, «quando risulti accertato che la fattura erroneamente emessa sia stata tempestivamente ritirata dal destinatario senza che questi ne abbia fatto uso fiscale (annotandola nel registro acquisti od in altre scritture contabili destinate ad evidenziare il diritto alla detrazione)» (così, Cassazione, ordinanza 30 settembre 2020, n. 20843). 

Nel caso di specie, spiega l'agenzia, per quanto indicato nell'istanza, la società Beta non ha mai registrato le fatture ricevute, né proceduto alla detrazione della relativa imposta.  Circostanza espressamente esclusa, anche per il futuro, dall'accordo transattivo sottoscritto tra Alfa e Beta

Alla luce di tali elementi, respinta la possibilità di emettere note di variazione ex articolo 26, commi 2 e 3, del decreto IVA, l'istante ha la facoltà di procedere alla richiesta di rimborso ai sensi dell'articolo 30-ter, comma 1, del medesimo decreto, entro il termine di due anni dalla data del versamento e, quindi entro due anni dalla scadenza del termine per il pagamento della liquidazione mensile IVA relativa al mese di novembre 2019 in cui sono confluite le fatture oggetto dell'interpello e quindi entro il 16 dicembre 2021.

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